Elio Germano e Teho Teardo insieme ad un terzetto d’archi (violino Elena De Stabile; viola Ambra Chiara Michelangeli; violoncello Laura Bisceglia) sul palco. Tutto intorno il crepuscolo che cala lentamente mentre un vento fresco si innalza sul pubblico distanziato ed un fascio di luci verdi illumina la Rocca Maggiore, sopra la città del Poverello.
Tappa assisana, il 29 agosto scorso, per un Viaggio al termine della notte, lavoro inspirato al celebre romanzo di Louis Ferdinand Céline che ha debuttato a Genova nel 2012 che ha dato il via alla prima tourné. Proprio Genova, città in cui si incentrarono i fatti del G8 e nella quale è ambientato Diaz, il film diretto da Daniele Vicari per il quale Teardo compose la colonna sonora e Germano recitò, insieme ad oltre cento attori e ad un esercito di comparse. Ma non fu lì che il Viaggio venne concepito. Bensì diversi anni prima: stesso regista ma altro film. Furono le riprese de “Il passato è una terra straniera ad offrire ai due artisti l’occasione di uno scambio e l’ideazione dello spettacolo. Il Viaggio di Céline venne messo in scena in occasione di un Festival al Palaexpo, come semplice intervento su un testo. E “quello che doveva essere un singolo episodio, è diventato invece una tournée che a distanza di anni non si è mai conclusa”.
Da allora, Viaggio al termine della notte continua a girare l’Italia portando in luoghi diversi suoni e parole che suscitano emozioni potenti e difficili da dimenticare. Dell’importanza della memoria e del processo di consapevolezza che la memoria deve innescare, parla il capolavoro di Céline in cui un io narrante (Ferdinand Bardamu) dà voce ad una critica profonda e radicale della società che ha partorito non solo la Grande guerra ma anche le ideologie che l’hanno sostenuta. Con il suo linguaggio diretto e spoglio, non molto diverso da quello in uso nelle bettole di Parigi, Bardamu smonta dal basso quello che qualcun altro ha costruito dall’alto.
Ripercorrendo brevi ma significativi frammenti del libro, è l’emozionante lettura recitata di Germano a dare vita al personaggio celiniano, fuori dalle pagine del libro. Ne emerge un Bardamu a tutto tondo, così reale da superare anche le sue caratterizzazioni più tradizionali. Non solo facile ironia e cinismo che cela collera mai sopita, disprezzo e rassegnazione all’inguaribile bestialità umana. Ma tutto questo portato da Germano virtuosamente all’eccesso. Così che la voce di Bardamu, spinta oltre la propria umanità può perdersi in un suono rarefatto.
Nello spettacolo le parole non sono slegate dai suoni, al contrario. C’è un’ intima tensione che li lega. Forse perché sembrano rappresentare due diverse narrazioni degli stessi eventi. Da un lato, potente, avvolgente e intima la partitura musicale nata dall’incontro di archi, chitarra ed elettronica. Dall’altro le parole modellate da una ratio che non concede spazi al sentimento e che disprezza, paradossalmente, l’umano quanto gli artefici di guerre e schiavitù.
Ma è proprio da questa dialettica tra musica e parole, tra ragione e sentimento che si acquisisce una nuova disarmante consapevolezza. Se le parole negano voce al sentimento, la maestria di Teardo fa emergere tutto l’impeto delle emozioni legate agli eventi narrati. Rabbia, dolore, solitudine, disperazione, terrore, odio e tanto ancora. E’ nella suggestioni musicali che i fatti riacquisiscono la loro interezza, la loro dimensione umana uscendo dai cliché dove erano stati incastrati. E’ così che l’abominio della guerra, della schiavitù, del razzismo di cui si parla, tornano a significare quello che sono, senza maschere. Lo spettacolo è stato ospitato dalla manifestazione Suoni contro-vento in Umbria dal 31 luglio al 6 Settembre, promossa dall’associazione Umbra canzone e musica d’autore ideata da Lucia Fiumi e con la direzione artistica di Gianluca Liberali.