Joker empatia pericolosa ed il rischio di emulazione. Joker campione d‘incassi. Di certo non un film di genere e nemmeno un fenomeno mediatico ma sicuramente un film potente. Ma perchè piace tanto? E c’è motivo di avere paura per questo successo di pubblico, ben oltre le aspettative? Già Leone d’oro come miglior film alla 76esima Mostra di arte cinematrografica di Venezia, Joker sta incontrando un travolgente successo di pubblico. Di solito tanta euforia piace e non solo ai produttori. Si tratta comunque di un prodotto cinematografico che ha rivelato margini altissimi. Alla mostruosa bravura di Joacquin Phoenix va di certo buona parte del merito. Ma non è lui il motivo di una certa preoccupazione montata intorno al film.
Tutti pazzi per il Joker campione d’incassi
I giornalisti di alcune importanti testate internazionali hanno intravisto in Joker un pericolo di emulazione, di mitizzazione dell’eroe negativo. Si argomenta che l’empatia nei confronti del joker, prima vittima inconsapevole della società poi folle giustiziere, renderebbe meno netti quei confini tra bene e male, tra giusto e sbagliato, che sono alla base della tenuta del patto sociale. Ma c’è davvero questa empatia per il joker ed è questo che rende potente la narrazione?
Joker empatia pericolosa e rischio emulazione
E’ innegabile che l’empatia scatti per Arthur, la triste figura del clown emblema dell’emarginato. Al pagliaccio per necessità, e suo malgrado, che è costretto a ridere per poter sopravvivere pur essendo negata a lui qualsiasi realizzazione, si guarda con affetto. Lui deriso ed esposto a continue violenze le accetta come fisiologiche ed inevitabili, quasi fosse intimamente convinto di meritarle.
L’emaptia come fondamento delle democrazie
Per quell’essere fragile ed irrisolto scatta un’ empatia sana, proprio perchè la capacità di immedesimarsi in chi soffre è una delle fondamentali leve di democratizzazione della società. Lo ha dimostrato Lynn Hunt, nel suo celebre La forza dell’empatia. Una storia dei diritti dell’uomo, riuscendo a ricostruire come i diritti umani non fossero inizialmente evidenti di per sé. Tale passaggio ha richiesto negli individui comuni una maturazione del sentire, in senso di percepire l’altro, che non era affatto scontata ai tempi in cui la tortura in pubblico era espressione della giustizia di stato.
Nessuna pietà per gli emarginati?
Forse, in tempi remoti, questa empatia non sarebbe scattata. La figura del povero clown avrebbe destato un senso di fastidio e di stizza. Del resto, la persecuzione del diverso, in quelle società, a partire dalla caccia alle streghe fino a quella agli eretici, era una pratica diffusa. In Joker l’empatia per il diverso è invece qualcosa di naturale. Senza empatia per il joker, la fortuna del film non avrebbe assunto tali proporzioni. Si tratta quindi di un’empatia sana e affatto pericolosa.
La perdità dell’umanità
Il joker non nasce infatti come serial killer. Non è un ladro ma diventa folle proprio quando perde la sua umanità e quindi la sua capacità di immedesimarsi nell’altro. E questo accade nel preciso istatante in cui il filo sottile che lo legava alla società civile si rompe a seguito della presa di coscienza della sua condizione di vittima innocente. L’atroce assenza di protezione del minore Arthur e la distorsione di tutta la sua biografia, mantenuta tra gli schedari polverosi di uno stato responsabile e non solo complice dell’ingiustizia, sono peggiori condanne della sua stessa condizione di figlio dato in adozione ad una persona con gravi problemi psichiatrici.
La follia di Arthur genera il joker
La follia del joker irrompe, quando Arthur, che si è sempre considerato un diverso accettando un destino triste senza ribellarsi, coglie l’atrocità della violenza subita. La follia di Arthur, quindi, genera il joker. E nel film è mostrata interamente, senza edulcorazioni, non si prova empatia ma sgomento sentento imminente la fine dell’antieroe. Proprio perchè, da parte di un individuo sano, nessuna giustificazione del gesto di un folle è possibile.
Una serie di paradossi a effetto domino
E’ chiaro che perdendo la sua umanità Arthur ha perso non solo la ragione, ma anche ogni possibilità di ricostruire una vita felice. D’altro canto, lui stesso non è responsabile della sua follia. La riacquisizione della sua vera identità di vittima innocente scatenerà una serie di paradossi che avranno un effetto domino non solo sulla vicenda personale di Arthur ma anche su quella di una società che non disprezza la violenza. ma che anzi la vede come mezzo di liberazione e di riscatto.
Noi non siamo Gotham
La società di Gotham è pervasa dalla violenza. Sin da quando il pagliaccio triste è preso a calci dai suoi concittadini. E’ una società degenerata quella che innalza il joker a suo emblema proprio quando questi dimostra una spietatezza senza pari. Se i codici della violenza non fossero già presenti, la società di Gotham non avrebbe mai esaltato il gesto sadico di un pazzo criminale. Quella società forse non è così lontanta dalle nostre, ma è un qualcosa alla quale non apparteniamo ancora e speriamo mai lo faremo. Proprio in questo, sta l’intento moralizzatore del film. Che mostra un paradosso, la realtà di un pubblico che si immedesima nell’ultimo degli emarginati, ed il pericolo di una società che, educata alla violenza, potrebbe invece preferire il joker ad Arthur. Ed è innegabile, la pressione dei tagli al cosidetto stato sociale, in questa e quella società, hanno un ruolo determinante.